lunedì 14 ottobre 2019

La fotografia di Robert Polidori e l'astrattismo del tempo.





 Famoso fotografo di architettura, Robert Polidori è nato a Montréal nel 1951. Negli anni '80 documentò i lavori di restauro della Reggia di Versailles. Il progetto "Versailles: Transitional States", durato venticinque anni, registra la trasformazione del palazzo reale da simbolo e cuore dell'Ancien R̩gime a monumento della moderna museificazione.
 Le immagini di Polidori rivelano l'ambiguità di ogni progetto di restauro, ossia rendere il vecchio nuovo. Un palazzo settecentesco restaurato da una società moderna che tentava di immaginarsi come una volta, è una citazione visiva del passato e del presente, una potente invocazione della storia e della modernità entro i confini di una singola cornice.
 Per Polidori, le stanze giocano un ruolo di "teatri di memoria" e ricettacoli di significato. I dipinti, le sculture e gli elementi decorativi, che abbeliscono le pareti fatiscenti del palazzo, sono simbolo di dislocamento storico, attori nella rievocazione perpetua di un passato simulato.

 "Parcours Museologique Revisite" (744 pagine, ed. Steidl, Bilingual edizione, 19 ottobre 2009 ) su Amazon.









  Anche le successive opere di Robert Polidori sono intrise dalla quiete e dalla contemplazione che derivano dal lavorare con una fotocamera di grande formato e attraveso un'unica lunga esposizione all'illuminazione naturale. 
 Alla fine degli anni '90 Polidori decide di ritrarre la capitale cubana e la sua grandiosità sbiadita. L'Avana è un ambiente particolarmente ricco per l'inchiesta di Polidori. Le curve e le colonne che campeggiano le strade si riferiscono alle epoche passate e parlano delle forze politiche, sociali ed economiche che hanno guidato la città nella sua condizione attuale. Attraverso il suo esame rigoroso e sensibile, ma anche grazie a un senso del colore e della composizione che trasforma le sue fotografie in ricordi vivaci, Polidori rimuove delicatamente la patina della vita quotidiana  e rivela le giustapposizioni che creano l'identità di una città. Le sue fotografie definiscono l'idea della grandezza sbiadita, rappresentando scoperte e frammenti che vanno a costituire la biografia della città.

"Havana" (160 pagine, ed.Steidl, 10 settembre 2001) su Amazon












Nel maggio 2001, a distanza di quattordici anni dal disastro nucleare, Robert Polidori ha effettuato una serie di fotografie all'interno delle zone di alienazione di Pripyat e Chernobyl. Esse comprendono non solo scene congelate nel tempo, come la sala di controllo del Reattore 4, i complessi di appartamenti incompiuti e i vivai abbandonati, ma anche le alterazioni verificatesi dopo l'evacuazione e i lavori di recupero e decontaminazione. Oltre alla normale azione del tempo, Polidori ha fotografato l'azione dei saccheggi a carico delle scuole e dei mezzi utilizzati per la decontaminazione, elementi che accrescono le similitudini con gli scenari post-apocalittici cinematografici.
 Polidori, catturando i colori sbiaditi e l'atmosfera desolata di Pripyat e Chernobyl, crea documenti inquietanti che presentano al lettore non solo la rara visione di un evento disastroso, ma anche quella di un luogo e del suo popolo.

"Zones of Exclusion: Pripyat and Chernobyl" (112 pagine, Steidl, 1 settembre 2003) su Amazon.









 Polidori venne incaricato dalla rivista The New Yorker di effettuare un reportage sulla distruzione subita dalla città di New Orleans a causa dell'uragano Katrina. Durante quattro visite, tra il settembre 2005 e l'aprile del 2006, egli scattò centinaia di foto, con una macchina di grande formato, riprendendo una moderna Pompei.
 Ogni stanza in cui entrava, sembrava a Polidori una sorta di utero, facendolo sentire artefice di opere intrise di voyeur psicologico, in quanto con il suo lavoro riprendeva la vita delle persone assenti attraverso le loro propietà abbandonate.

"Robert Polidori: After the Flood" (333 pagine, Steidl, 31 ottobre 2006) su Amazon.




 







 Nel 2010, Polidori si reca in una Beirut ancora traumatizzata dai bombardamenti israeliani del 2006 e dalla guerra civile del 2008 tra Hezbollah e miliziani filo - occidentali fedeli al leader Fouad Siniora. Polidori focalizza le sue attenzioni sull'Hotel Petra, edificio storico della capitale che, dopo la guerra civile del 1975-90, restò completamente abbandonato, divenendo un fossile architettonico del passato glorioso della città che fu definita la Parigi del Medio Oriente.
 Così l'artista descrive quell'edificio ormai abbandonato:

"E' davvero raro trovare esempi di tale decomposizione indisturbata. Di solito la normale usura del traffico umano violerebbe e distruggerebbe le superfici di un così delicato ecosistema di pittura a strati. Sono venuto a vedere questi muri come un processo vivente di lento decadimento il cui effetto finale somiglia alle opere di molti pittori astratti contemporanei... solo che in questo caso la loro genesi non era fissa o intenzionale, ma la graduale sommatoria di diversi pittori e operai che modificano le superfici del muro in diversi punti nel tempo per una serie di motivi. Sono stato preso dalla loro bellezza  e ciò mi ha spinto a fotografarli per i posteri."

"Robert Polidori: Hotel Petra" (96 pagine, Steidl, 6 ottobre 2016) su Amazon.










 Tra il 2017 e il 2018, Polidori si reca frequentemente a Napoli per immortalare le numerose chiese abbandonate della città partenopea. L'artista, con le sue fotografie, non riprende solo le tinte sbiadite e i sedimenti che quasi trasformano in relitti spiaggiati quei luoghi di culto, ma egli registra la fede stessa che ha impregnato le pareti di quei luoghi, le cui vibrazioni risultano ancora vive e presenti. Indipendentemente dalla veridicità dell'esistenza di Dio, la fede in Esso ha originato un percorso escatologico palpabile in quei luoghi ormai dimenticati.
 Il grande formato, con proporzioni 1:1 o maggiori, fagocita il fruitore stesso, incastonandolo all'inteno dell'immagine stessa e nel suo flusso di fede e misticismo.













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